DADO SCHAPIRA Silenzio: Tensione



In capo alla baia c'è un ulivo frondoso, e lì vicino un antro amabile, oscuro, sacro alle ninfe che si chiamano Naiadi. Dentro anfore stanno e crateri di pietra; e là fanno il miele le api. Telai di pietra vi sono, altissimi, dove le ninfe tessono manti di porpora, stupore a vederli; e vi sono acque perenni. L'antro ha due porte, una da Borea, accessibile agli uomini; l'altra, dal Noto, è dei numi e per quella non passano uomini, degli immortali è la via (Odissea, XIII libro)
Questi versi dell’Odissea descrivono il luogo nell’isola di Itaca, dove Ulisse dopo essersi abbandonato ad un lungo sonno viene posto dai Feaci. Una misteriosa ed anomala caverna, situata nelle vicinanze del porto dell’isola e caratterizzata da alcune singolari prerogative, come quella di possedere due accessi. Ispirandosi al testo omerico, nel III sec. d. C. il filosofo Porfirio compone un interessante trattato filosofico: L’antro delle Ninfe. L’ambientazione incantata, surreale raccontata da Omero, diviene così l’ispirazione per una riflessione sulla vita e la morte. All’interno dell’antro le Ninfe Naiadi sono dedite a varie attività tra cui quella di tessere e quindi meditare sugli archetipi, sui simboli, sul destino dell’uomo e del cosmo, sul viaggio dell’anima tra realtà fenomenica e materiale.
L’atto dell’intrecciare i fili, un’azione che mette in gioco simboli esistenziali, considerazioni che ci permettono di ripercorre la storia dell’uomo e del mito. Un “intrigo” di forme e metafore, che trovano nel filo la loro genesi, l’emblema grazie al quale sembra possibile congiungere tutti gli aspetti dell’esistenza. Una vita può essere tale solo se vissuta, mossa nelle sue linee perpendicolari e agitata, intrigata nelle maglie orizzontali. Vita non solamente sinonimo di filo, ma anche di libro, in quanto scorre, passa, a volte si condensa di significato ed eventi e a volte si dilata in interminabili spazi vuoti, privi di senso e contenuto. Un unione apparentemente perfetta, che trova in Edoardo Schapira il suo mentore, potremmo dire il protagonista di un racconto nel quale si integrano a perfezione il tangibile della materia e il soffio dell’impalpabile.
Schapira infatti ha scelto come mezzo espressivo, per raccontare sé stesso e gli invisibili spiriti delle emozioni, due elementi apparentemente differenti l’uno dall’altro, che apparentemente non sembrano poter percorrere armoniosamente la strada della creazione: libro e filo. Ma come ormai si sa non ci si deve limitare alle prime impressioni, si dovrebbe invece lasciare che il pensiero congiuntamente all’occhio possa trovare quella sintonia necessaria per evadere l’ovvietà. Il libro diviene così il supporto, la base, la “tela” su cui intervenire, non con il pigmento ma con quel filo che permette di cucire l’arte verso un’inconsueta dimensione espressiva. Il libro da sempre nella storia dell’umanità è simbolo della saggezza, della scienza e più in generale di quella cultura, che ci può elevare a comprendere le leggi dell’universo. In ogni civiltà il libro ha sempre ricoperto un ruolo determinante per “poter comprendere”: dai testi sacri religiosi, al Liber Mundi dei Rosacroce, al Libro dei Morti degli Egizi, posto nella tomba insieme al morto, in modo da supplicare gli dei a favorirne il passaggio degli Inferi, passando poi ai Libri Sibillini, che i Romani consultavano per poter trovare risposte alle domande esistenziali. Il libro quindi come manifestazione, riflessione, crescita spirituale ed estensione del sé. Il libro, come ci ricorda lo stesso artista, è pieno di storie e di memorie, vissute o raccontate od anche solo sognate ed inventate, rappresenta il supporto ideale per reggere il tuo pensiero le tu idee, non è un fondo vuoto, libero, e bianco come potrebbe essere un tela sulla quale trasportare le tue emozioni senza coinvolgimento, ma anche priva di qualsiasi storia o sentimento, il libro porta con se la storia dell’uomo e dell’umanità, piccoli sprazzi di vita che messi assieme sono la nostra storia la storia di tutti noi.
La partenza dell’azione creativa non nasce pertanto dalla tabula rasa, dalla tela bianca, bensì dal testo, sul quale Edoardo Schapira interviene, in alcuni casi come nella serie parole e pensieri sul libro, cancellandone le righe stampate; un gesto forte, coraggioso, determinante, che non prevede ripensamenti o una via di ritorno, è un viaggio di sola andata nelle viscere dell’immaginazione. Il gesto come espressione, la ricerca della morfologia della struttura, la sensazione di poter far rivivere l’elemento libro una seconda volta dopo quella della sua vita originaria, quella per cui è stato creato e nato: la lettura. Schapira si lascia affascinare dalle infinite vite che i libri hanno vissuto, dalle numerose mani che li hanno sfogliati, dalle appassionanti storie delle quali sono stati i protagonisti. Il libro viene aperto, dipinto o forse meglio cancellato e privato della sua vergine innocenza della stampa seriale, per poi scorgere attraverso il colore, nuove forme, un inedito alfabeto, che si sta lentamente configurando.
La linearità del testo orizzontale è scardinata dall’imprevedibilità del filo cucito direttamente sulle pagine; un’incursione destabilizzante, che infrange la regola, si dirige nel territorio dell’asimmetria, dell’emancipazione formale, per poi trovare il tutto nel Silenzio.
Idee, parole, concetti, riflessioni e sentimenti si sovrappongono, si stratificano tra carta, stampa, inchiostro, colore e fili; un intreccio di pensieri, che si raccontano e rivelano la storia di ognuno di noi. Fili liberi, lunghi, corti, intrecciati, annodati in grovigli indissolubili, sono: “La mia storia, che poi è La tua vita: Vivi un amore senza tempo, l’Odio e Amore di Noi due, Emozione, d’Infinito, che Ferma le parole, Senza limiti”.
Le opere di Schapira oltre ad essere un viaggio nella memoria dell’uomo, nella serie relativa alle bandiere, percorrono un itinerario all’interno delle nazioni, di interi popoli, della loro storia, degli episodi più significativi, che ne hanno nel bene o nel male mutato il corso degli eventi. Ecco che sulla bandiera della Germania i fili intrecciati compongono la data della caduta del muro di Berlino, su quella dell’Inghilterra appare scritto Magna Charta, mentre su vessillo giapponese è riportata la data della bomba che colpì Hiroshima. Un invito a riflettere ad ampio raggio, sul singolo come parte dell’universale, sulla frammentarietà dell’esistenza e le sue infinite sfaccettature; le continue prove e difficoltà che quotidianamente ci appaiono come banchi di nebbia lungo la strada, ma anche le carte degli “imprevisti che conducono alla felicità”, quelle immagini, forse surreali per chi non le sa guardare, dalle quali si può cogliere sconfinata “ansia vitale”. Giochiamo con il filo della vita tra le mani, a volte scorre rapidamente, altre si blocca in nodi inestricabili, ma oltrepassare la tenda nera è possibile, alzando audacemente le mani al cielo, lasciando che il filo scorra libero nel vento.