GIOVANNI SESIA Invisibile



Giovanni Sesia in mostra alla Fabbrica Eos di Milano in una rielaborazione della personale “Nel segno della memoria” appena conclusasi allo Spazio per le Arti Contemporanee del Broletto di Pavia.

La mostra, che prosegue fino al 30 aprile 2014, presenterà opere dei primi anni fino ad alcuni dipinti più recenti e sarà completata da alcune videoproiezioni create da Stefano Sgarella, curatore dell’allestimento multimediatico.

INVISIBILE rimanda istintivamente ad un senso di assenza di cui sono testimonianza le opere di Sesia: ritratti psicologici, immagini prese da diversi archivi di ospedali psichiatrici di inizio novecento, che con abilissima maestria l’artista ha fatto sue, riscrivendole e traducendo così in segni le membra e i pensieri dei soggetti; con le parole scritte e i segni non decifrabili che si intrecciano alle fotografie, ricreate e dipinte, sembra voler restituire luce ai malati, a una moltitudine di persone senza nome e identità, invisibili alla società di ieri, invisibili come la loro malattia e il loro disagio mentale.
Ma l’Arte di Giovanni Sesia ci conduce anche nella sfera del Visibile, quella della manifestazione attraverso immagini, una dimensione diversa che attraversiamo nella nostra esperienza contemporanea di spettatori a passeggio nelle trame della memoria.
Le opere cercano di andar oltre l’indagine superficiale, e inquadrano nell’obiettivo i segreti, i misteri, i bisogni, le paure, i dolori e le vergogne dell’anima. Le linee degli occhi e i colori dell’iride suggeriscono il passato nudo e crudo, e (forse anche) il futuro degli uomini e delle donne che campeggiano nelle opere. Ci costringono a non dimenticare e a riflettere sulla follia e sulla sua cura.

L’artista abbatte le mura del manicomio e prova a ridurre le distanze, costringendo lo spettatore a confrontarsi con il diverso, con la paura di ciò che è altro, e l’inevitabile pregiudizio che si viene a creare. Il risultato è un cortocircuito emotivo: gli sguardi dei suoi sconosciuti come le pieghe dei suoi lenzuoli smuovono vibrazioni che vanno ben oltre il contenuto dell’opera.