MARCO CIRCHIRILLO Dal Tramonto all’Alba



Dal Tramonto all’Alba
PERFORMANCE VIDEO E FOTOGRAFIE DI
MARCO CIRCHIRILLO
A cura di Chiara Canali

Attraverso il linguaggio fotografico, alternando la tecnica analogica a quella digitale, Marco Circhirillo racconta la molteplicità e la frammentarietà dell'Io, in un processo di scissione e duplicazione dell’Identità. Perseguendo un modello di pirandelliana memoria, all’inizio del suo percorso l’artista ha studiato i corpi e i visi di amici e conoscenti, li ha rappresentati e sdoppiati, fino ad arrivare alla realizzazione di ritratti duplicati, ispirati alle doppie esposizioni di Man Ray.
Dalla visione del doppio l’artista è passato a quella del multiplo e, a partire dal 2013, ha dato vita a una serie di ritratti fotografici multipli che, esasperando il concetto dell’autoritratto, arrivano a creare dei veri e propri assembramenti della medesima persona all’interno dello stesso luogo (SuperEgo, 2016), rimandando alle molteplici identità sottese alla natura di ogni essere umano.

VIDEO PERFORMANCE
“Dal Tramonto all’Alba”, video performance di Marco Circhirillo, esibisce un’azione circolare dell’autore ancora una volta incentrata sull’esplorazione della propria continuità identitaria che si raddoppia, si moltiplica e si replica all'infinito.
L’atto performativo prende avvio da una ossessiva ed estenuante seduta di autoritratto, eseguita in una cabina automatica di via Paolo Sarpi, da cui si generano 28.000 fototessere che ritraggono l’artista in pose ed espressioni diverse, in una proliferazione incontrollata di identità che esaltano il trionfo del più assoluto narcisismo.

La seconda fase prevede la disposizione e l’allineamento a terra, sul pavimento della galleria Fabbrica Eos di Viale Pasubio, delle 28.000 fototessere. L’azione, che si svolge nell’arco temporale di 12 ore, dal tramonto all’alba, si concentra sulla celebrazione dell’EGO autocentrato, ripiegato su di sé come un Narciso chino sulle proprie ginocchia, intento a posare la propria immagine e a contemplarla, pago di sé stesso, egoista, solo, indifferente, incapace di relazionarsi con quanto accade all’esterno.
Un tappeto della vanità, dell’autoreferenzialità e dell’ipertrofia dell’EGO, illusione di onnipotenza, smania di visibilità e di protagonismo. Questa immagine replicata all’infinito è specchio e miraggio di una realtà inconsistente, di un inganno del pensiero che ci illude di poter così andare oltre la caducità del tempo e l’abisso della morte.

Al termine di questa fase prende avvio il terzo tempo, nel quale Circhirillo – Narciso che si vede, ma non si riconosce – entra in scena cingendo un soffiatore a scoppio e, con movimenti inconsulti, spazza via tutta questa texture ondulata delle fototessere e le fa volare vorticosamente contro la vetrina della galleria.
Un gesto di azzeramento e rinascita attraverso cui viene spazzata via tutta l’inconsistenza vana dell’Io. In questo teatro dell’assurdo, Circhirillo – Narciso che rinasce – si volge all’indietro, rapito, estasiato, pronto per una danza di metamorfosi che lo trasforma e lo trasporta in un altrove.
L’artista mette in moto un’azione, un passaggio, un attraversamento e nella sua mente si fa largo la presa di coscienza che tutto è transitorio, aleatorio impermanente e che la felicità è un simulacro che non si può possedere.
L’immagine dell’EGO non è più contemplata ma performata, agita, eseguita, mossa, prodotta. Nell’azione si compie il disincanto dell’autocoscienza più profonda e la percezione del sé, dell’Io interiore, dell’Anima che abita ciascuno di noi.
Rimane l’immagine liquida, vana, transeunte di un Narciso che ha creato, sognato, desiderato, ma è stato anche in grado di smaterializzare l’inconsistenza porosa della realtà.

MOSTRA FOTOGRAFICA
Il video della performance e le tracce dell’azione sono in esposizione in galleria assieme ad una linea di fototessere, senza soluzione di continuità, che perimetra i muri interni della galleria.
Una linea continua, ad altezza del punto di vista dell’artista, che attrae l’attenzione dello spettatore alla “linea di forza” della visione binoculare, bilanciando il “punto forte” dell’osservazione dalla disposizione a terra al suo posizionamento a parete, secondo una visione circolare e senza fine dove non esiste un punto di inizio e un punto di arrivo, ma un viaggio infinito, eterno e senza tempo, come nella ciclicità dell’azione performativa.